Il sole ha cominciato a tramontare dopo le otto di sera. Finora non me n’ero reso conto, ma credo fosse il segnale che aspettavo per capire quanto abbia bisogno dell’arrivo dell’estate. Sono giorni di bellezza, in città. L’aria calda interrotta dalle ventate improvvise, i parchi accesi di colori, il blu del cielo che si rispecchia nell’acqua dei fiumi.
Sabato scorso ho approfittato di una di queste giornate splendide per andare allo stadio a vedere i Mets, che hanno perso malamente contro i Giants. Sono ancora al lavoro per comprendere davvero le regole del baseball, ma sto migliorando. In realtà, mentre affinavo la mia capacità nel distinguere ball e strike, mi godevo soprattutto il sole e la musica che accompagnava l’ingresso dei giocatori.
Se ti scrivo oggi, però, non è solo per raccontarti dei miei timidi progressi come spettatore di sport americani. Tra una settimana esatta, infatti, Loto sarà finalmente disponibile.
Qualche giorno fa, ho condiviso la data d’uscita (6 giugno) insieme alla trama. Oggi alzo un altro po’ l’asticella dell’emozione e condivido qui con te in anteprima la copertina.
Ho pubblicato un approfondimento sul mio blog in cui racconto il dietro le quinte del design, soffermandomi anche sulla scelta dei colori e sulle varie decisioni coinvolte nell’ideazione della copertina. Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensi. Se ti va, partecipa al sondaggio qui sotto e fammi conoscere la tua opinione.
Spesso chi scrive vive male le uscite e la promozione. Per molto tempo io non ho fatto eccezione. Nell’ultimo periodo, tuttavia, mi sono reso conto che non vedevo l’ora di guardare Loto andare finalmente incontro alle persone. Sono tanto curioso di scoprire in che modo questa storia viaggerà attraverso le letture, che effetto faranno i suoi personaggi, con quali emozioni si intrecceranno.
Per questo oggi, insieme alla copertina, ho deciso di condividere con te un’altra anticipazione: le prime pagine di Loto. Spero che l’inizio della storia ti incuriosisca, in attesa del 6 giugno!
A presto,
Andrea
Le prime pagine di Loto
L’impianto trasmette alla perfezione il suono delle tastiere, seguito da quello della batteria, del basso e della chitarra. Gli schermi intorno a me, nel frattempo, moltiplicano l’immagine nitida di un telegiornale, che scompare per lasciare spazio a una partita di tennis e, subito dopo, a una scena del Signore degli anelli.
“Mi dispiace” dico, tornando verso il cliente. “Purtroppo è esaurito anche in magazzino”.
L’uomo mostra un’espressione delusa che fa quasi tenerezza; la testa calva e la pelle liscia e tirata lo fanno sembrare un neonato di sessant’anni.
“Se vuole possiamo ordinarlo. Arriva in circa sette giorni lavorativi”.
Questa formula pronunciata meccanicamente basta per tramutare la delusione del cliente in un improvviso allarme. L’uomo, infatti, respinge subito la possibilità scuotendo la testa. “No, no” dice, agitando la mano come se volesse allontanare una brutta notizia. “Lo ordino online”.
Annuisco cercando di mascherare il disinteresse. Lui alza le spalle come a dire: Tu al posto mio che faresti? Lo osservo allontanarsi in fretta, già con il cellulare in mano.
Massaggio le tempie e guardo l’orologio. Carlo mi passa vicino, fermandosi con l’aria di uno che ha qualcosa di importante da chiedermi.
“Quando stacchi?”
“Tra mezz’ora”.
“Oggi corta, eh? Bravo!” dice, nel suo solito goffo tentativo di essere amichevole. Sembra sul punto di aggiungere qualcosa ma si blocca, fissando oltre la mia spalla. Voltandomi, mi trovo di fronte una cliente.
“Buonasera” dice.
“Salve” rispondiamo entrambi.
“Ho bisogno di una mano” continua lei, rivolgendosi a me. “Devo fare un regalo”.
“Mi dica”.
“Mio marito è fuori città e voglio fargli una sorpresa per il suo compleanno. Pensavo a un televisore, ma non ci capisco niente”.
La fisso senza preoccuparmi di nascondere l’impazienza. Lei sostiene il mio sguardo con ostentazione.
“Il mio collega può farle vedere tutti i modelli che abbiamo”.
Carlo, che nel frattempo si è dedicato a un’indagine scrupolosa del corpo minuto ma atletico della cliente messo in evidenza dalla tuta aderente, viene preso alla sprovvista. “Qual è il suo budget?” chiede.
Lei gli dedica solo un’occhiata rapida e fa una smorfia infastidita, come di fronte a un contrattempo. Torna a rivolgersi direttamente a me: “Fate anche consegne a domicilio?”
“Sì”.
Carlo prova a intromettersi di nuovo: “Ha in mente una grandezza precisa? Intanto, se vuole farsi un’idea, posso mostrarle i modelli a disposizione”.
La donna increspa le labbra, indecisa. “Non lo so” dice, sistemando la tracolla della borsa della palestra con un gesto deciso. “Mio marito non sarà a casa fino a domenica. Ho ancora tempo per rifletterci”.
Carlo annuisce, docile ma confuso. Prima che possa dirle qualcos’altro, la donna si allontana senza salutare.
“Che tipa” dice Carlo, guardandola mentre va via.
“Qua i clienti sono uno peggio dell’altro” rispondo.
“Ti aveva puntato, eh?”
“Se lo dici tu”.
“Ammazza, più di così!” squilla lui. “Era assatanata, si vedeva. A me poi quelle fissate con la palestra mi fanno proprio…”
“Buonasera” saluta un cliente, fermandosi davanti a noi. “Il prezzo è questo che vedo, giusto?” domanda, indicando uno degli schermi in offerta.
“Sì, fino al 31 maggio” risponde Carlo.
L’uomo annuisce e sembra voglia andarsene, ma improvvisamente si ferma e mi fissa. “Non ti ho già visto da qualche parte?”
Mi irrigidisco appena. Lui mi scruta con attenzione e anche Carlo fa altrettanto, con un’espressione divertita. “Sei il figlio di Ezio, il meccanico?” mi chiede alla fine.
Scuoto la testa. L’uomo allora si scusa e dice che sono proprio uguale a quel ragazzo che aiutava il padre in officina, poi riprende a camminare tra gli schermi in offerta.
Ne approfitto anche io per allontanarmi da Carlo, dirigendomi al reparto degli stereo, che di solito a quest’ora è deserto. Passo vicino a due ragazzini con i joystick in mano, molto concentrati a far correre su uno schermo enorme i giocatori del Real Madrid e del Barcellona.
Aspetto la fine del turno facendo finta di sistemare gli scaffali, quindi vado nello stanzino dei dipendenti, dove mi avvolge un’ombra rassicurante, in netto contrasto con l’illuminazione da navicella spaziale del negozio. La polo verde di Tecnobrix mi sta stretta attorno alle braccia e sulla pancia; quando me la tolgo e indosso una maglietta nera finalmente della mia taglia, mi sembra di respirare meglio. Esco e vado verso le casse per salutare Giorgia, che sta finendo di servire un cliente.
“Grazie e buonasera!” dice, poi si rivolge svelta verso di me. “Domani fai mattina”.
“Mi avevate detto che facevo pomeriggio. Ormai mi sono organizzato”.
“Dove vai di bello?” chiede lei, appoggiandosi con il gomito sulla cassa.
“Ho da fare” rispondo secco, facendole capire che non sono fatti suoi.
“Guarda, ci ho provato in tutti i modi, ma Mirko ha detto che era meglio lasciare i turni così com’erano”.
“Mirko mi ha rotto il c***o”.
Giorgia fa una delle sue espressioni finte contrite, ma vedo anche uno scintillio di soddisfazione, che cambia rapidamente fino a diventare di rimprovero.
“Lo so, però pure tu qualche problemino l’hai creato. Ci sta”.
“Fai sul serio? Ancora con quella storia del ritardo?”
“Un’ora e mezza, Vale’”.
Sbuffo e scuoto la testa. Non vale la pena di continuare a discuterne, così la saluto ed esco.
Abituato all’aria condizionata, il contrasto con la temperatura esterna è come al solito sgradevole, ma aver finito di lavorare rende tutto più accettabile. Raggiungo l’auto nel parcheggio riservato ai dipendenti del centro commerciale e, una volta dentro, abbasso entrambi i finestrini. Metto in moto e si accende anche lo stereo, tirandomi addosso a tradimento una canzone di Jovanotti; l’ultima cosa che mi serve ora è lui che mi canta dei falò in spiaggia o di qualche altra c****ta estiva. Faccio manovra ed esco dal parcheggio, intanto scorro tra le stazioni schivando pubblicità e schifezze varie finché non riconosco Daughter dei Pearl Jam. Mi ci aggrappo come se mi avessero lanciato una corda in fondo a un pozzo, mentre guardo in cagnesco il centro commerciale che rimpicciolisce dentro lo specchietto retrovisore. Nel riflesso, incontro i miei occhi cerchiati, poi la barba da accorciare, con i peli bianchi che scendono spediti dalle basette al mento.
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