Terraferma
Bentornatə o benvenutə a Posta Lenta, la newsletter di chi ascolta i profumi chiudendo gli occhi.
Ho imparato a nuotare presto, sono cresciuto vicino al mare, eppure l’acqua mi ha sempre messo paura. Esercita su di me un potere strano, provocandomi angoscia e attrazione. Nuotare dove non si tocca, con l’idea che ci sia il buio sotto i miei piedi che si agitano fingendosi sicuri, mi allarma. Sapere di onde lontane o vicine, che si alzano e mi superano, mi accelera il respiro. La paura stessa prende la forma dell’acqua che si muove e che scroscia, che talvolta diventa paradossalmente rassicurante, familiare.
Forse è da questo controsenso che è nata la mia passione per le storie di mare. Io che mi dico di voler essere una persona di montagna, di appartenere alle altitudini, mi sono sempre emozionato con le storie di Conrad o con i racconti di Hemingway e di Carver. Ho sentito il dondolio delle barche, gli spruzzi delle onde in faccia, le canne tirare. Tutto dalla mia terraferma.
Mi dico che le ultime siano state settimane d’acqua mentre rifletto su quello che succede e che non succede. Guardare un fiume che scorre può rendere facile l’illusione di vedere una direzione e un senso, ma talvolta mi sbatte in faccia un movimento obbligatorio che sa di condanna. Con la scrittura mi è capitato di assecondare ritmi veloci e di credermi spinto da una corrente favorevole, per ritrovarmi poi con la bussola in mano che segna una direzione che non so prendere, sperando che il vento in faccia mi dia ceffoni abbastanza forti da farmi riprendere dall’intorpidimento.
Non ho mai sofferto di mal di mare e nemmeno di mal di montagna, ma prima dell’illusione di possedere chissà quale speciale resistenza mi viene incontro la consapevolezza di non essermi mai spinto molto a largo, né davvero ad alta quota. O perlomeno non abbastanza da scoprire se e quanto la mia testa possa girare. L’idea che alcuni stordimenti mi facciano compagnia anche rimanendo fermo al molo o in pianura è una consolazione a metà.
L’acqua mi ha fatto dondolare, sbandare e affannare anche mentre provavo a scriverne in questa newsletter, facendomi capire che non sono ancora pronto a misurarla davvero con le mie parole. Mi tengo la bella confusione che mi provoca e mi godo le immagini che ha riempito. Dopo aver visto fiumi disegnare confini e canali diventare strade, affacciarmi sull’oceano dal pontile di Coney Island mi è sembrato il modo migliore per guardare in faccia tutto quello che l’acqua fa iniziare e fa finire, e per concludere questo messaggio. Qui, nel punto più a sud di Brooklyn, mi sono goduto l’idea di frontiera e ho osservato i pescatori di spalle. Guardavano l’acqua in silenzio mentre, dietro di loro, una docile cassa portatile suonava “Walk Like an Egyptian”, strana e perfetta colonna sonora di un momento di mare.
A presto,
Andrea
P.S. Se ricevi Posta Lenta da un po’, forse ricorderai che ero solito inserire qui gli articoli più interessanti che leggevo (per la rubrica Passeggiata in edicola) insieme a un video. Qualche volta è capitato che non trovassi nulla che mi colpiva, così man mano ho ridotto le segnalazioni. Analizzando i dati della newsletter, inoltre, ho notato che i click su articoli e video diminuivano, quindi mi sono domandato se valesse la pena di continuare a inserirli, se fossero più un mio feticcio piuttosto che un contenuto interessante per te. Se vuoi farmi sapere cosa ne pensi, di seguito trovi due sondaggi a risposta secca. Le tue risposte mi aiuteranno a capire la strada da seguire. Grazie!