Sul bordo della strada
Bentornatə o benvenutə a Posta Lenta, la newsletter che scala la marcia senza farsi intimidire dai clacson.
Ricordo che all’inizio della pandemia, tra i vari e maldestri tentativi per affrontare, raccontare e provare a dare un senso a ciò che succedeva, andava parecchio di moda la narrazione della pausa. La nostra società così frenetica che aveva bisogno di uno stop forzato. Il nostro confinamento domestico che era un’occasione per riflettere, ritrovarci, fare la pizza e lo yoga online. Va be’, c’eri anche tu, sai a cosa mi riferisco. Ebbene, dopo tre anni in cui il Covid mi aveva sempre e solo sfiorato, finalmente mi ha acciuffato, dandomi l’opportunità di ragionare proprio sulla retorica della sospensione. E no, non ho ritrovato me stesso né ho imparato cose nuove.
Oltre al malessere fisico in sé, la malattia per me è stata una spallata che mi ha disarcionato. Venivo da un mese e mezzo di ritrovate e ininterrotte buone abitudini, portatrici di entusiasmo, di serenità e di tanta scrittura. Ho vissuto il tampone positivo come una beffa, una perfidia che mi ha rovinato i piani e che ha trasformato ciò a cui mi sono dedicato per settimane in uno di quei cantieri che a un certo punto si bloccano, lasciandoti il dubbio che i lavori riprenderanno a breve o che magari dovrai imparare a convivere con lo scheletro di un edificio mai terminato.
La rabbia e il senso di ingiustizia che ho provato non hanno tracciato alcun sentiero verso una nuova consapevolezza. Nessuna frase motivazionale scritta a mano o postata da qualche parte, niente declinazioni coatte della resilienza o considerazioni pseudo-poetiche sul kintsugi. Solo la sveglia che ha smesso bruscamente di suonare ogni mattina alle sei e mezza, la miracle morning che è andata a farsi benedire e il file con la prima stesura del nuovo romanzo che è fermo da due settimane.
Ho avuto la sensazione che tutto ciò che caratterizzava e componeva il mio prima-del-Covid abbia continuato spedito senza di me. Fermo sul bordo della strada, ho visto le mie abitudini sfrecciare sicure e incuranti, procurandomi un allarme. Dove andranno? Riuscirò a raggiungerle? Le riprenderò? Magari due o tre anni fa avrei dato una lettura ingenuamente rassicurante e semplicistica dicendomi che ne avevo bisogno, anche se non lo sapevo. Oggi dico che non ne avevo bisogno per niente e che stare male anche solo tre giorni è stata una schifezza. Se invece dovessi cedere alla tentazione di trarne una riflessione, potrei dire soltanto che ogni cosa è esposta a interruzioni più o meno brusche, che costringono a fare e rifare e a valutare di volta in volta se valga o meno la pena di ricominciare. Ma forse è meglio non cedere alla tentazione.
Spero che tu stia bene. Se dovessi scegliere una cosa per raccontarmi il tuo aprile, cosa sceglieresti?
A presto,
Andrea
In queste circostanze, le frasi motivazionali non servono proprio a un bel niente e lo dico da Bergamo dove tutto è stato un disastro.
Quello che credo, però, è che le buone abitudini siano veramente difficile da instaurare. Ma quando si riesce, e se ne traggono benefici, si crea un vortice positivo di cui non si riesce più a fare a meno. Forse ci vorrà del tempo, la convalescenza richiede sempre tempo.
Prenditi del tempo e sii paziente, se erano davvero buone abitudini sarà il tuo corpo a rivolerle indietro oppure a crearne una versione migliore, adatta al nuovo te di adesso. Ti abbraccio!