A febbraio ho trascorso due settimane in Italia e, al momento di tornare a New York, volevo portare con me un libro. Scegliere tra tutti quelli che ho lasciato lì non è stato semplice, così ne ho presi due. Anche se li ho già letti diverse volte (o forse proprio per questo), volevo che venissero a farmi compagnia. Il primo è un romanzo e inizia così:
La bocca socchiusa, le braccia abbandonate lungo i fianchi, Milton guardava la villa di Fulvia, solitaria sulla collina che degradava sulla città di Alba.
Il cuore non gli batteva, anzi sembrava latitante dentro il suo corpo.
Ecco i quattro ciliegi che fiancheggiavano il vialetto oltre il cancello appena accostato, ecco i due faggi che svettavano di molto oltre il tetto scuro e lucido. I muri erano sempre candidi, senza macchie né fumosità, non stinti dalle violente piogge degli ultimi giorni. Tutte le finestre erano chiuse, a catenella, visibilmente da lungo tempo.
«Quando la rivedrò? Prima della fine della guerra è impossibile. Non è nemmeno augurabile. Ma il giorno stesso che la guerra finisce correrò a Torino a cercarla. È lontana da me esattamente quanto la nostra vittoria.»
Una questione privata è uno dei miei romanzi preferiti e questa è un’edizione degli anni Settanta che mi ha regalato la mia amica Claudia. Racconta la storia del partigiano Milton che, nel bel mezzo della guerra, inciampa nel ricordo di Fulvia e dell’amore che animava la sua vita di prima. Insieme al ricordo, però, il protagonista si imbatte in un’inattesa rivelazione che riguarda proprio Fulvia e il suo amico Giorgio, anche lui partigiano. Per il risolvere il dubbio che lo tormenta, Milton va dall’amico, ma scopre che è stato catturato dai fascisti. La guerra, così, mette il protagonista in viaggio tra la nebbia delle Langhe, alla ricerca dell’unica persona che custodisce la temuta ma necessaria verità.
Non sapendo scegliere un libro da riportare con me qui a New York, mi è venuto spontaneo prenderne due di cui sentivo che avrei avuto bisogno (come quando in valigia infili l’ombrello, o un maglione in più). Una questione privata è un libro prezioso per diversi motivi, ma ce n’è uno in particolare di cui voglio parlarti.
Qualche anno fa, durante un periodaccio, smisi di scrivere. Non si trattava del fantomatico blocco, ma di un vero e proprio smarrimento che, tra le varie cose, comprendeva anche la scrittura. Non avevo idea di cosa scrivere e, peggio ancora, non ricordavo perché lo facessi. Provare a farlo mi faceva soffrire quasi quanto l’idea di non farlo più.
Sperimentai vari trucchi e metodi “contro il blocco dello scrittore”, senza risultati. Quando la speranza cominciò a cedere velocemente terreno alla rassegnazione, mi decisi di fare un ultimo tentativo con un esercizio abbastanza semplice: ricopiare il primo capitolo del mio libro preferito. Sembra una sciocchezza, eh? Lo pensavo anche io. Con una bella dose di scetticismo, così, presi la mia copia di Una questione privata, la aprii accanto al computer e cominciai a ricopiare, parola per parola.
Ricopiare le pagine di un libro è un’attività bizzarra e preziosa, in cui la lettura e la scrittura si sovrappongono fino a confondersi. Mentre riscrivevo in un documento vuoto la scena di Milton e della sua visita alla villa di Fulvia, mi resi conto che volevo continuare a leggere e a scrivere. Il semplice atto fisico di battere sulla tastiera non un testo a caso, bensì parole che mi stavano così a cuore, ebbe un effetto immediato e potente.
Di lì a poco, grazie alla spinta di Milton e di Fenoglio, sarei stato in grado di ricominciare a scrivere, avventurandomi nel progetto che alla fine è diventato il mio nuovo romanzo (lo chiameremo L., in attesa di rivelare presto il titolo ufficiale). Ricopiando una storia del cuore, così, sono riuscito a mettere il cuore in un’altra storia, e ad affrontare la paura di essermi perso e di aver fallito. In questo articolo parlo un po’ di più di come ho vissuto e scritto il fallimento, affidandomi alla storia di un uomo che aveva vissuto il suo sogno solo per vederlo svanire.
Come ti dicevo, dall’Italia ho riportato due libri. Insieme a Una questione privata, ho scelto New York è una finestra senza tende di Paolo Cognetti, un’altra lettura che mi è servita più volte come una bussola (e di cui magari ti racconterò in un’altra newsletter). Nel frattempo, però, ti chiedo: Se dovessi portare un solo libro con te dall’altra parte del mondo, quale sceglieresti?
A presto,
Andrea
P.S. Non so se l’hai notato, ma Posta Lenta ha… accelerato! Per due anni è arrivata con calma ma (quasi sempre) puntuale ogni tre settimane. D’ora in poi arriverà ogni due, sempre senza fretta, rimanendo il nostro appuntamento al riparo delle urgenze che se ne stanno appena fuori dalle nostre caselle.
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📚 Consiglio di lettura
Oltre ai due libri di cui ti ho parlato, oggi voglio condividere con te una lettura che mi ha tenuto compagnia nelle ultime settimane e di cui forse avrai sentito parlare. Si tratta di Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow di Gabrielle Zevin (pubblicato in Italia da Nord con la traduzione di Elisa Banfi).
Questo romanzo racconta l’amicizia tra Sadie e Sam, che si incontrano da bambini condividendo un joystick all’ospedale e si ritrovano anni dopo all’università, per iniziare un’avventura che li porterà a creare insieme videogiochi di successo mondiale. Le dinamiche tra loro mi hanno riportato dalle parti di Una vita come tante, sebbene questo libro sia più luminoso, forse più californiano. Una menzione speciale va all'ambientazione. L'autrice rievoca gli anni Novanta e Duemila facendoti provare una nostalgia che ti scalda e ti commuove, però senza furberie o ammiccamenti. Ci sono i videogiochi dell'infanzia, c'è internet prima che diventasse internet, c'è la ricerca di comunità, la complessità raccontata e mostrata con i pochi magnifici pixel a disposizione. Leggendo Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow ti concederai un viaggio in un posto che forse conosci bene, ma che non visitavi da tanto tempo. È un viaggio che ti farà sentire tante cose, per cui varrà la pena di riportarti indietro un po' di piacevole malinconia.