Prepararsi per il raccolto
Bentornatə o benvenutə a Posta Lenta, la newsletter di chi alla fine dell'estate si prende il tempo per godersi l'inizio dell'autunno.
Per molte persone, questo momento dell’anno rappresenta sempre un inizio. Anche io faccio parte del gruppo “Capodanno a settembre” e, oltre al caro back-to-school, vivo anche il mio back to aspettative, pressione, spinta a progettare e, perché no, ansia. Uno dei modi per affrontare questa fase è spendere soldi nella sezione della cancelleria, impulso che, come leggerai più avanti nella Passeggiata in edicola, ha radici antiche.
Comprare taccuini nuovi e compilare liste di cose da fare è un modo per dirmi che tengo la situazione sotto controllo. Nel frattempo, sto surfando sulla fine dell’estate con la spinta di un agosto molto produttivo, almeno dal punto di vista della scrittura. La prima stesura del nuovo romanzo (nome in codice LR) è quasi finita. Mancano davvero poche pagine e mi sto sforzando di scansare e bracciate tutti i dubbi, pur di finire. Vicino alla conclusione, vedo perlopiù imperfezioni, limiti, cose enormi da aggiustare, ma per ora mi impongo di chiudere, dicendomi che penserò a tutto dopo essermi preso una bella pausa da questa storia.
Nonostante i buoni propositi, durante i periodi di pausa dalla stesura dei romanzi non riesco mai a tenermi davvero impegnato quotidianamente con la scrittura. Faccio ricerche, leggo tanto, ma di solito scrivo poco. Uno dei consigli più gettonati è quello di scrivere racconti, infatti negli anni ne ho scritti molti, ma senza la giusta continuità. A questo proposito, condivido anche qui una bella notizia di qualche giorno fa. Il 1 settembre è uscito il numero 15 della rivista letteraria «Risme». Il tema scelto è un omaggio Raymond Carver, “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore”. Carver è un autore che mi ha cambiato la vita, sia come lettore sia come scrittore. Quando ho letto Vuoi star zitta per favore? mi sono detto: Ma finora come ho fatto?
Proprio per questo sono particolarmente contento di aver partecipato a questo numero con il mio racconto intitolato “Chiara”. Si tratta del primo (e unico) racconto che ho scritto con la mia macchina da scrivere. Ci provai anni fa, principalmente per il piacere un po’ hipster di ticchettare sulla mia Lettera 35. Mentre scrivevo, mi resi conto che proprio il rumore dei tasti e il tin! che mi avvisava di andare a capo imprimevano un ritmo particolare alla storia, incoraggiandomi verso uno stile più serrato e secco, soprattutto nei dialoghi. Per questo mi fa piacere che siano stati proprio i dialoghi il motivo che ha spinto la redazione di «Risme» (che ringrazio anche qui) a scegliere di pubblicarlo. Trovi “Chiara” qui, a pagina 14. Se lo leggi, fammi sapere che ne pensi, sono curioso.
Intanto, spero che il tuo settembre stia andando bene. Hai comprato anche tu quaderni e penne? Valgono anche matite, colori, post-it, temperini e cancelleria varia. Io, per non farmi mancare niente, ho preso anche le index card, per sperimentare un metodo nuovo di prendere appunti. Ma questa è un’altra storia.
A presto,
Andrea
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🗽 Newyorkesità
Del Muro di Berlino so quello che sanno un po’ tuttə. Divideva Berlino Est da Berlino Ovest, è stato per 28 anni il simbolo della Guerra Fredda, è stato abbattuto nel 1989. Quello che non sapevo è che il Muro di Berlino si trova anche a New York. A dire il vero, l’ho scoperto un po’ di tempo fa, ma finora non ero ancora andato vederlo con i miei occhi, così giorni fa ho approfittato di una bella giornata di sole non troppo calda per fare una passeggiata a Lower Manhattan.
Ancora prima del crollo, il Muro era diventato una vera e propria tela dove l’artista di Lione Thierry Noir cominciò a dipingere, inaugurando una forma di protesta artistica contro la divisione della città e del mondo nei due blocchi. Dopo l’abbattimento, tante parti del Muro sono state conservate e diversi frammenti sono finiti in giro per il mondo. Cinque di questi si trovano anche a New York.
Questo frammento è uno di quelli dipinti da Thierry Noir ed è stato donato dalla città di Berlino a New York nel novembre del 2004, per il quindicesimo anniversario della caduta del Muro. Per chi conosce Berlino, si trovava originariamente tra Potsdamer Platz e Leipziger Platz. Ora, invece, è Kowsky Plaza, in un bel parco nella parte sud-ovest di Manhattan, facile da raggiungere e inserito molto bene nel paesaggio (talmente bene che ci sono passato davanti senza vederlo, dovendo poi tornare indietro guidato da Google Maps).
Se vuoi saperne di più su Thierry Noir e il suo lavoro, vai qui. Se sei curiosə di vedere dove si trovano gli altri pezzi del Muro sparsi per il mondo, puoi vederli qui.
🗞️ Passeggiata in edicola
Sembra che questa idea di “Capodanno a settembre” sia collegata al modo in cui i nostri cervelli sono programmati. Infatti, fin dall’antichità, questo momento dell’anno sancisce una transizione. Un tempo ci si preparava per i raccolti e per l’inverno, ora ci si prepara per andare a scuola, anche quando a scuola non ci si va più da un bel po’. E che cosa facciamo quando ci prepariamo per andare a scuola? Compriamo quaderni, penne, astucci e tutto ciò che ci serve per definirci #stationeryaddict. Almeno siamo in buona compagnia e sembra sia anche terapeutico.
👉 Perché a molti piace così tanto comprare cancelleria nuova (Il Post)
📚 Che mi leggo?
Quest’anno mi capita di rimanere colpito più dalle letture di saggistica che dai romanzi. Sui canali che seguo, mi imbattevo spesso in Atomic habits. Piccole abitudini per grandi cambiamenti, il best-seller di James Clear. Dato che l’argomento mi interessa, alla fine ho deciso di leggerlo e non me ne sono pentito. Come accade in molti libri di questo tipo, che possiamo raccogliere sotto l’ombrello della crescita personale e dell’auto-aiuto, l’autore parte da uno spunto autobiografico per introdurre l’argomento che tratta, il che imprime fin da subito alla scrittura un tono rilassato e informale, ma non per questo superficiale. La tesi alla base del libro, evidenziata dal sottotitolo, è che per introdurre nuove abitudini o per smettere abitudini che non ci piacciono serve intervenire a piccole dosi. Questi interventi, però, devono essere continuativi e mirati. La cosa che mi è piaciuta di più di Atomic habits è che si sostiene con le ricerche scientifiche, fornendo spiegazioni molto chiare sul funzionamento del cervello umano. Te lo consiglio se vuoi una lettura “tecnica” che sia chiara, pragmatica e senza fuffa, di quelle che quando le hai finite senti di aver imparato qualcosa che può esserti utile.
Il mio quadernino nuovo a spirale ed io siamo molto contenti di conoscere “Chiara” ✨