Fermo
Bentornatə o benvenutə a Posta Lenta, la newsletter per chi si siede su una panchina e rimane a guardare le persone che passano.
Ciao e buon anno nuovo. Spero che durante queste ultime settimane tu abbia trovato ciò di cui avevi bisogno. Come scrivevo nell’ultima newsletter, si tratta di un periodo dell’anno che suscita tante emozioni, alimentando molte aspettative. Non so che rapporto hai con bilanci e propositi. Io stavolta ho cercato sul serio di sfilarmi dal bisogno di stabilire obiettivi e desideri. Anziché tracciare una linea di fine o di partenza, ho preferito continuare a concentrarmi su quello che ho già stabilito nelle settimane e nei mesi passati.
Niente liste, quindi. Nessuna spinta motivazionale. Dato che sento parecchio il peso della pianificazione e dell’organizzazione, stavolta mi sto concedendo tempo. Con il piede appena appena sul pedale, lascio che le urgenze mi passino accanto, affiancandomi e superandomi come macchine spazientite. Provo a ignorare i colpi di clacson e i gestacci di quei guidatori che hanno il mio volto. Tengo le mani sul volante e ci tamburello con le dita, dando alla lieve agitazione che sento il ritmo di una bella canzone che suona in radio.
Sottrarmi all’urgenza significa passeggiare per il parco e sul lungofiume, lasciando che i pensieri prendano l’aria fredda che in questi giorni pulisce il cielo di New York fino a farlo diventare di un azzurro che sembra finto. Sparsi un po’ ovunque, incontro alberi di Natale che hanno dato quello che dovevano dare e che ora giacciono sdraiati, in una sorta di sonnellino collettivo che sembra metterli ormai al riparo da ciò che hanno rappresentato fino a qualche giorno fa.
Mi ero detto che avrei finito l’editing del nuovo romanzo, invece non l’ho toccato dall’inizio delle vacanze. Per ogni compito o progetto a cui non mi dedico, ce n’è un altro che subito prova a prendere il suo posto. Le storie, le idee e gli obiettivi di scrittura competono per la mia attenzione e la mia dedizione, ma io sto cercando di prendere tempo, forse procrastinando o forse semplicemente respirando. L’obiettivo minimo che mi ero prefissato per questi giorni era aggiornare il reader magnet, cioè il contenuto in omaggio per chi si iscrive a questa newsletter. Così, ho sistemato quattro racconti a cui sono affezionato e li ho raccolti in “Bastava piangere un po’”. Se sei qui su Posta Lenta da un po’, potresti già averne letto qualcuno, ma trovi comunque la tua copia gratuita in fondo a questa e-mail.
So bene che non potrò evitare in eterno i richiami delle cose da fare, ma sento che questo ritmo mi sta aiutando a prendere decisioni e a fare valutazioni più in linea con ciò di cui ho bisogno in questo momento. Nelle prossime settimane le novità arriveranno in ogni caso. Le affronterò e le condividerò con l’energia che meritano. Nel frattempo, attraverso la città e l’inizio di questo anno nuovo lasciando che l’aria gelida di New York mi irrigidisca i muscoli della faccia, costringendomi a una smorfia che assomiglia a un sorriso incerto ma resistente.
Se dovessi descrivere questi giorni con una sola parola, sceglierei l’aggettivo fermo, prendendolo con entrambi i suoi significati: sia “che non si muove”, sia “saldo, sicuro, deciso”.
E tu, che parola scegli?
A presto,
Andrea
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🗽 Newyorkesità
Pochi giorni prima di Natale, sono tornato al Vessel. C’ero stato l’ultima volta quattro anni fa, sempre a dicembre, in una New York prima, inesorabilmente diversa da quella di oggi. All’epoca Hudson Yards era the next big thing, il quartiere nuovo, un enorme progetto di riqualificazione urbana che ha trasformato lo skyline di Manhattan con sei grattacieli, centri commerciali, ristoranti, appartamenti, uffici, alberghi, e ovviamente il Vessel.
Hudson Yards si trova nella parte occidentale dell’isola, stretto tra Hell’s Kitchen e Chelsea. Lo puoi attraversare facendo una passeggiata sulla High Line, ma durante questi anni mi sono sempre tenuto alla larga, come se qui fosse rimasto qualcosa che non volessi rivedere. Tornandoci, ho capito che quel qualcosa è il 2019.
Le attrazioni turistiche simbolo di Hudson Yards sono The Edge e il Vessel. Il primo è il più alto osservatorio all’aperto dell’emisfero occidentale, posto su una piattaforma di che sporge a oltre trecento metri d’altezza e permette una vista a 360° su Manhattan. Il secondo è una struttura architettonica a nido d’ape, alta cinquanta metri, con oltre centocinquanta scalinate e duemilacinquecento gradini. Vessel è il suo nome provvisorio, ma non è ancora cambiato. Ci andai per la prima nel dicembre del 2019, quando si poteva ancora visitare. Dall’estate del 2021, infatti, è chiuso al pubblico a tempo indeterminato, in seguito a quattro suicidi avvenuti proprio nella struttura a partire dal febbraio del 2020.
Malgrado le luci e l’atmosfera natalizia, davanti al Vessel provo sensazioni contrastanti. Penso a ciò che doveva rappresentare per la città, insieme a tutta Hudson Yards, e a ciò che invece rappresenta per me, ovvero tutto quello che non è stato, principalmente a causa della pandemia. Lo osservo come si osserva il ricordo di qualcun altro, sentendo dentro una scomoda nostalgia, di quelle che ti fanno distogliere lo sguardo.
📚 Che mi leggo?
Come ultima lettura dell’anno, mi sono regalato “Giù nella valle” di Paolo Cognetti. Ho letto tutti i suoi libri, ma questo è stato il primo che ho ascoltato ed è stata un’esperienza preziosa. Racconta la storia di due fratelli diversi ma uguali nelle ferite, immersi in un paesaggio di montagna dalla bellezza dolorosa. Ne ho scritto sul blog e te lo consiglio se sei alla ricerca di un romanzo breve e appuntito come un racconto.